DIRITTO D'AUTORE


Tutti i testi e le massime giurisprudenziali sono coperti da diritto d’autore. Uso consentito citando la fonte con relativo link. Pregasi segnalare la citazione.

14 febbraio 2012

38/12. Concorrenza sleale, mediazione obbligatoria, esclusione: la materia del contendere va individuata con riferimento alla sostanza della pretesa in giudizio (Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2012)

è Trib. Verona 28 settembre 2011

Nessuna delle ipotesi di concorrenza sleale previste dall’art. 2598 c.c. è ricompresa nell’elenco di cui all’ l’art. 5 comma 1° d.lgs. 28/2010; infatti è quanto mai azzardato ricondurre alla fattispecie astratta della diffamazione a mezzo stampa considerata dall’art. 5 comma 1° del d.lgs.28/2010 il caso in cui l’attrice abbia individuato espressamente, quale titolo della sua pretesa, la fattispecie di cui all’art. 2598 n. 2 c.c. sul presupposto di fatto che essa e le convenute svolgono attività concorrenziale nel medesimo settore (1) (2).

La tesi secondo cui, poiché la diffamazione può integrare illecito di concorrenza sleale qualora l’offesa provenga da un concorrente, quantomeno il profilo del danno da concorrenza sleale diffamatoria/denigratoria potrebbe essere attratto alla disciplina della mediazione obbligatoria, non tiene conto del fatto che l’art. 5 comma 1° d.lgs. 28/2010 individua la maggior parte delle controversie devolute alla mediazione precontenziosa sulla base non già della loro causa petendi ma della materia sulla quale esse vertono.

L’individuazione della materia del contendere ai fini dell’applicazione dell’art. 5 comma 1 del d. lgs. 28/2010 va compiuta con riferimento alla domanda, e cioè alla sostanza della pretesa ed ai fatti dedotti a fondamento di questa (3) (4), analogamente a quanto da tempo ha affermato la giurisprudenza di legittimità con riguardo al criterio per determinare la competenza per materia (5), sebbene l’applicazione del predetto criterio non impedisca al giudice di qualificare diversamente il fatto sotto l’aspetto giuridico.

(1) Si riporta il teso dell’art. 2598 c.c.
Atti di concorrenza sleale.
Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque:
1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente;
2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a determinare il discredito o si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente;
3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda.



(4) In tema di ambito di applicazione della mediazione obbligatorio a petitum sostanziale si veda Trib. Varese 10 giugno 2011 in L’azione revocatoria non è relativa ad una controversia in materia di contratti bancari: non si applica la mediazione obbligatoria, in Osservatorio Mediazione Civile n. 25/2012 (www.osservatoriomediazionecivile.blogspot.com).

(5) Si veda, tra le tante, Cass. 13 ottobre 1980, n. 5489.

Fonte: Osservatorio Mediazione Civile n. 38/2012

Tribunale di Verona
28 settembre 2011
Ordinanza

Il Giudice, Dott. Massimo Vaccari ha emesso la seguente ordinanza

nella causa promossa da XX (attrice) con gli avv.ti omissis
contro
YY (convenuta), con gli avv.ti omissis
A scioglimento della riserva assunta all’udienza del 22 settembre 2011;

rilevato

che l’attrice ha convenuto in giudizio davanti a questo Tribunale le società convenute per sentirle condannare al risarcimento dei danni che assume di aver subito a seguito della attività denigratoria nei propri confronti che esse avrebbero realizzato facendo pubblicare sul quotidiano ZZ un articolo e alcune inserzioni contenenti, a giudizio di XX, notizie non veritiere e comunque lesive della propria reputazione sull’esito di un contenzioso davanti al giudice amministrativo nel quale sono coinvolte l’attrice e la convenuta;

che l’attrice ha individuato espressamente, quale titolo della sua pretesa, la fattispecie di cui all’art. 2598 n. 2 c.c. sul presupposto di fatto che essa e le convenute svolgono attività concorrenziale nel settore funerario (onoranze e trasporti funebri ed attività lapidea);

che la convenuta, sia in comparsa di costituzione e risposta che alla prima udienza di comparizione, ha eccepito che il giudizio non è stato preceduto dalla fase di mediazione, di cui all’art. 5 comma 1° d.lgs.28/2010, come avrebbe dovuto essere, giacché, a suo dire, la condotta illecita ipotizzata dalla controparte va qualificata come diffamazione a mezzo stampa;
che l’eccezione è infondata e come tale va disattesa;

che è vero che in dottrina è stato osservato che, poiché la diffamazione può integrare illecito di concorrenza sleale qualora l’offesa provenga da un concorrente, quantomeno il profilo del danno da concorrenza sleale diffamatoria/denigratoria potrebbe essere attratto alla disciplina della mediazione obbligatoria;

che tale tesi non considera, però, che l’art. 5 comma 1° d.lgs. 28/2010 individua la maggior parte delle controversie devolute alla mediazione precontenziosa sulla base non già della loro causa petendi ma della materia sulla quale esse vertono;

che con riguardo alle controversie relative a fatti illeciti, il legislatore, al fine di restringere l’ambito di applicazione della norma, ha scelto di precisare anche il contesto o le specifiche modalità di commissione del fatto generatore di responsabilità menzionando le controversie “(in materia di) risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica (espressione impropria, più che equivoca, che pare idonea a ricomprendere anche l’ipotesi della responsabilità della struttura sanitaria) e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità”;

è evidente, quindi, come nessuna delle ipotesi di concorrenza sleale previste dall’art. 2598 c.c. sia ricompresa nell’elenco di cui alla norma succitata e, d’altro canto, tale scelta risulta perfettamente in linea con quella di non sottoporre alla c.d. mediazione obbligatoria le controversie di natura commerciale e societaria;

che deve poi ritenersi che l’individuazione della materia del contendere ai fini dell’applicazione dell’art. 5 comma 1 del d. lgs. 28/2010 vada compiuta con riferimento alla domanda, e cioè alla sostanza della pretesa ed ai fatti dedotti a fondamento di questa, analogamente a quanto da tempo ha affermato la giurisprudenza di legittimità con riguardo al criterio per determinare la competenza per materia (cfr. tra le tante Cass. civile, sez. III, 13/10/1980, n. 5489), sebbene l’applicazione del predetto criterio non impedisca al giudice di qualificare diversamente il fatto sotto l’aspetto giuridico;

che l’eccezione delle convenute va pertanto intesa come sollecitazione al giudice ad orientarsi in tal senso ma nel caso di specie non vi sono gli estremi per una qualificazione del fatto costitutivo della domanda attorea nei termini proposti dalle medesime;

che infatti è quanto mai azzardato ricondurre alla fattispecie astratta della diffamazione a mezzo stampa considerata dall’art. 5 comma 1° del d.lgs.28/2010 la fattispecie concreta oggetto del presente giudizio, dal momento che quest’ultima contiene un elemento specializzante rispetto alla prima, ossia la qualità di imprese tra loro concorrenti dell’attrice e delle convenute (circostanza incontestata);

P.Q.M

Rigetta l’eccezione di improcedibilità della domanda sollevata da parte convenuta e assegna alle parti i termini di cui all’art. 183 6° comma c.p.c a decorrere dalla comunicazione del presente provvedimento e rinvia la causa all’udienza del 12 gennaio 2012 h. 09.30.

Si comunichi.
Verona 28 settembre 2011

AVVISO. Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità.

NEWSLETTER MENSILE SULLA MEDIAZIONE